martedì 11 settembre 2018

11 SETTEMBRE



  L’11 settembre del 2001 ero all’idroscalo a prendere il sole. A metà pomeriggio tornai a casa e, entrando in sala, vidi le mie compagne di appartamento sedute sul divano e per terra davanti alla televisione. L’unico ricordo che ho è la mia voce che chiede quale film stavano guardando. E che poi dice che non è possibile sia vero.
Ricordo che passammo il resto della giornata guardando, ascoltando e fumando davanti alla tv. Rimane il senso del surreale in quei ricordi, e lo sforzo enorme per restare distaccata da quelle immagini senza cadere nella disperazione.

  Qualche mese dopo, ad aprile, un piccolo aereo si schiantò al 26°piano del Pirellone a pochi metri da dove stavo lavorando. Si sentì un boato tremendo, poi urla. Mi affacciai ad una finestra del primo piano, si vedevano fiumi di gente correre e molta confusione. La sala di attesa degli ambulatori si svuotò in pochissimi minuti. Qualcuno entrò a recuperare qualcun altro e ci spiegò che un aereo era finito nel Pirellone. Ricordo il mio unico pensiero, “Voglio andare a casa”. E il centralino in palla. E le linee tutte occupate mentre cercavo di telefonare ai miei senza riuscirci. E la voglia di fare una piccola valigia e scappare. Ricordo la paura di farmi male, o forse di morire.
  Pensai, in tutti quei lunghissimi minuti di confusione, che volevo solo fuggire. Nessuno ci disse di andare via, nessuno ci chiese niente. Poi arrivarono i feriti della zona, tagliati dai vetri rotti per il boato. Nel giro di poche ore si seppe cosa era successo e la paura se ne andò. Una situazione completamente diversa e “innocua” rispetto a quella di settembre, ma che ci portò ad assaporare uno stato d’animo terribile e intenso.

  Sono ricordi custoditi nell’angolo delle cose da non archiviare mai. Non tanto per avere in mente i colpevoli o l’assurdo senso degli attentati che avvelenano tutto e tutti, ma per ricordare che non c'è un posto giusto dove essere o vivere, che non c’è una parte della barricata dove si è salvi, che nel mondo c’è chi deve farsi una piccola valigia e scappare perché con un timore così deve convivere ogni giorno.
  Ricordi che servono per spiegare ai miei figli che le cose terribili capitano, che gli uomini possono avere un cuore di pietra. Ma che il buono è molto, molto di più ed ovunque.
Per spiegargli, dissimulando sempre con grande professionalità, che io non ho paura.












LEGGETE, GENTE, LEGGETE.



Leggete, gente, leggete.

Leggete qualunque cosa. Leggete giornali, non solo uno, leggete interviste, libri di inchiesta, notizie sul telefonino. Leggete romanzi storici, che la violenza non ha bisogno di essere inventata, leggete cartelloni, articoli sul tablet o riviste da sopra la spalla del vostro vicino di sedia.

Leggete svariate cose sugli stessi argomenti e sarete stupiti, e forse illuminati.

Leggete e scoprirete che uno dice bianco e l’altro nero. Che prima l’uno aveva detto nero e l’altro bianco. A distanza di pochissimo tempo.

Leggete e imparerete che l’economia non la gestisce nessun paese in autonomia, resterete sorpresi quando capirete che il resto dei paesi europei ha preso misure di austerità per rispettare i patti e che anche il resto dei paesi europei attraversa una crisi, ha dei debiti ma, ommioddiononèpossibile, non punta i piedi e fa i capricci da bambino viziato.

Leggete e capirete che l’Italia non dovrebbe avere la sindrome di Calimero (se leggete saprete cos’è) come invece ha, ma tirarsi su le maniche piuttosto che ascoltare chi la alimenta (la sindrome).

Leggete, gente, leggete, e saprete cosa succede al di là del mare e nel mare, perché è tutto vero. Leggete e vi indignerete perché tutto ciò è permesso da una politica sbagliata e fuorviante che punta a costruire muri e non corridoi, che punta a spendere per liberarsene (lo sapete che il costo è molto simile?) e non ad accogliere e integrare.

Leggete e imparerete che i soldi per “l’emergenza” immigrazione vengono conteggiati come spese straordinarie quindi non contano come debito per la UE. E, roba incredibile, i soldi semmai risparmiati non andrebbero comunque nelle nostre tasche, pensa un pò.

Leggete, amici, leggete, e saprete che le promesse elettorali non possono essere mantenute per millemila motivi, economici, matematici o per farla breve, perché la coperta è quella che è. E, sempre leggendo, saprete che non sarà Salvini a comprarci una copertina nuova.

A proposito di lui. Se leggete, ma tutto però invece di come fa lui, vi accorgerete che posta articoli leggendo soltanto i titoli e non il contenuto, perché i suoi stessi commenti agli articoli sono incongruenti! Fateci caso, leggete.

Leggete molto e sarete capaci di leggere tra la righe, e vi stupirete quando vi accorgerete che i nomi vengono omessi in alternanza. Che vengono riportate delle parole e messe in bocca a chi conviene in quel momento lì e in quel giornale lì per far belli o brutti chi di dovere.

Leggete, gente, leggete, e saprete che i tagli agli stipendi alti non li farà mai chi è al potere, ne ora ne prima ne poi, perché, sempre se leggete anche altre cose, saprete che il potere ci fa avidi, a tutti, che i soldi hanno una forza incredibile e che le rinunce vere arriveranno sempre da chi già rinuncia tutti i giorni.

Saprete che i vaccini hanno salvato l’umanità, che senza non dovrebbero nemmeno darti il codice fiscale e che dovrebbero farti vivere su un’isola deserta, mannaggiaavoiantivax. (Chiedete a chi ora si trova in isolamento per proteggersi di quelli non vaccinati).

Leggete, anche se non ne avete voglia. E saprete che le provocazioni arriveranno sempre a destinazione se le teste e i cuori non saranno pieni di informazioni vere.

Saprete che “vade retro” vuol dire “vieni dietro di me” e che non è un insulto.

Leggete e saprete che li sbarchi sono calati da tempo e che l’Europa collabora poco. Ma vi accorgerete che non è fermandogli nell’inferno che si risolve, ma pretendendo politiche europee di accoglienza, non di respinta.

Leggete e imparerete a conoscere gli alleati esteri del nostro governo. Leggete le loro storie, i loro trascorsi. E avrete paura.

Saprete che abbiamo un premier inutile, coalizioni fiabesche e molte molte cose da fare prima di parlare dell’Europa ladrona (ma non era Roma ladrona?...ah forse una volta, pardon). Magari parlare delle tasse altissime (ma non erano loro che votavano sì una volta in parlamento?....mah, forse sbaglio), degli stipendi d’oro (ma la lega mica aveva detto di non toccare vitalizi, stipendi parlamentari...non so, forse confondo qualcosa), dei ponti che cadono ora ma che nessuno sapeva.

Leggete, gente, leggete. Leggete tanto e spesso. Come le vitamine, che ci fanno crescere forti e sani. Che ci fanno usare il cervello nel modo giusto e ci aiutano a creare opinioni proprie e informate. Come i vaccini che stimolano le difese contro le malattie mortali.

Leggete. E amate leggere. Altrimenti ve lo dico. Sarà una cosa tragica e lunga, una apocalissi da film, tutto un correre nelle città deserte e contornate da un altissimo muro di protezione. (Pure i film vanno bene ogni tanto eh?, così per aggiungere brodo saporito all’informazione).

Leggete, gente. Perché citando uno che di sofferenza e cose belle ne sapeva a pacchi:

“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.

mercoledì 29 agosto 2018

LE VACANZE ESTIVE A RADIATORSPRINGS


  La mamma tripolare è stata tre settimane in un paese chiamato RadiatorSprings perso in mezzo ad una distesa di terre rosse e poca vegetazione. 
Ci sono arrivati dopo due giorni di viaggio pacifico e a tratti addirittura divertente, controllando con orgoglio le proprie paturnie e pensieri funesti dovuti ad ore di percorrenza sulle lunghe autostrade mediterranee. 
Hanno trovato cugini a braccia aperte e una famiglia che fa sembrare sempre il loro arrivo l’evento più atteso dell’anno. 
Ha aperto valigie, consegnato i costumi e iniziato ufficialmente la vacanza.
  Ha avuto a che fare con le tormente estive tipiche di RadiatorSprings, nuvole cariche di fulmini e acque torrenziali ma brevi. Ha coccolato la nuova splendida nipotina che sembra nata apposta per farsi abbracciare mentre sorride. Ha lottato invano contro la ferrea volontà della nonna nel distribuire abbondanti dose di cioccolato tutti i bambini. Ha urlato furibonda durante le pericolosamente brevi sessioni dedicate ai compiti delle vacanze. 
  Ha zizzagato tra le sue ansie durante i bagni in piscina nascondendo professionalmente gli attentononcorreresulbordodellapiscina-mettilacremasolarechetiustioni-nonsaltarecosivicinoallaparete-attentoquandotilanciditesta-unoduetrequattrocinqueseicisietetuttienessunoèaffogato. 
  Ha mangiato cose proibitive ma che una volta all’anno le sembra il minimo per una vita felice. Ha pensato che certi ritrovi con le amiche sono una medicina e che il tempo, per i molti ricordi insieme, non passa mai.
  Ha partecipato alla inaugurazione della Torre (vedi post preced.), ha visitato un Oceanografico dove gli squali ti nuotano sopra la testa e le belughe cantano ad un volume formidabile. E’ tornata per un giorno nel paesino dove ha vissuto due anni della sua infanzia e rivisto un compagno delle elementari dopo trent’anni.
  E’ riuscita a tenere a bada le sue tre polarità, grazie al tempo rallentato, al vento caldo che porta con sé un sopore che tramortisce e calma, allo spazio dilatato delle vacanze in famiglia e alla beatitudine di avere poco da fare e pensare.
  Alla fine ci sono stati due giorni di viaggio un po’ meno divertente perché era quello di ritorno, ma che, per la gioia della mamma chioccia che ha sempre mantenuto l’occhio vigile, è andato liscio liscio. E’ rientrata in casa all’ora di pranzo, ha salutato il gatto, disfatto le valigie e ordinato l’immediato ripristino dei compiti delle vacanze letteralmente abbandonati. ll giorno dopo ha ricominciato a lavorare.

  A distanza di ventiquattro ore l’effetto benefico della veranda magica e ventilata è sparito.
  Ma per fortuna sono rimaste le bellissime immagini estive nella mente, la stretta nel cuore e qualche maledetto chilo da fare sparire il prima possibile.

venerdì 17 agosto 2018

LA TORRE

  

En Radiatorsprings se está construyendo una torre que se convertirá en castillo que se convertirá en una casa en el árbol.
  Sin contar el primer cuarto de hora de montaje de la plataforma, donde todas las manos y todos los brazos y todas las fuerzas apenas han bastado, ha sido la idea genial de este año de los tíos R&N.
  La Torre será un lugar maravilloso para siempre donde jugar y pelearse, un lugar donde cultivar la 'primohermandad' veraniega durante los años venideros.
Han surgido ya las primeras discusiones sobre cómo amueblarlo, cómo utilizarlo, sobre las prioridades y usufructo según el grado de jerarquía, susurrando futuros actos vandálicos para conquistar el castillo.
  La Torre tendrá una escalera ancha y una bandera, un himno y reglas precisas para un uso sin peligros.
Un día tendrá muros sólidos y en sus alturas una tabla y una red para subir al árbol.
  Pero por ahora se juega sobre la osamenta de madera de aquello que será, se sube y se otea lejos, entre las ramas frondosas donde se engarza la torre. Por ahora el armazón se rellena sólo de imágenes y se sueña ya la fortaleza en la que se convertirá. Porque es tan fácil, cuando se es pequeño y se vive en Radiatorsprigns, ver aquello que no se puede ver y moverse entre lo que no existe todavía. Cuando se tiene la suerte, junto a quien se quiere, de poder dejar para siempre las huellas en los cimientos.

LA TORRE

  

  A Radiatorsprings si sta costruendo una torre che poi sarà castello che poi sarà casa sull’albero. Tolto il brutto quarto d’ora del montaggio della piattaforma, dove tutte le mani e tutte le braccia e tutte le forze sono bastate a mala pena, è stata l’idea geniale di quest’anno degli zii R&N. 
  La Torre sarà un meraviglioso posto per sempre dove giocare e litigare, un posto dove coltivare la cuginanza estiva per gli anni a venire.
Sono già sorte discussioni sull’arredamento e l’utilizzo, sulle priorità e usufrutto in base ai gradi di anzianità, sussurri su futuri atti vandalici di nonnismo per la conquista del castello.
  La Torre avrà una larga scala e una bandiera, un inno e delle regole precise di utilizzo in sicurezza. Un giorno avrà dei muri solidi e in alto un asse e una rete per stare sull’albero.
  Ma per ora si gioca sullo scheletro di legno di quel che sarà, si sale su e si guarda lontano tra i rami folti dove si infila la torre. Per ora la carcassa si riempie solo d'immagini e si sogna già la fortezza che diventerà. Perché è così facile, quando si è piccoli e si vive a Radiatorsprigns, vedere quello che non si vede e muoversi in mezzo a quello che non c’è ancora. Quando si ha la fortuna, insieme a chi si vuole bene, di poter lasciare per sempre le impronte sulle fondamenta.

venerdì 10 agosto 2018

DUE PICCOLI SCOUT E IL CAMPO ESTIVO. GIORNO 7/7


-Che ora è?
-Le 9. Niente messaggi.
-.........
-E adesso?
-Le 9 e 5 minuti. E niente messaggi.
-Stasera devo scrivere l’ultima puntata.
-Di cosa?
-Del campo estivo. Il ritorno. Se ritornano…
-Certo, amore. Sissamai. Son tutti lì ad aspettare un finale, che poi dipende, finale da Commedia o finale da Tragedia.
-Non portare sfiga tu. Messaggi?
-Niente.
E così la mattina della mamma tripolare è passata attendendo un orario di arrivo e chiudendo valigie.
Alla fine i Due Piccoli Scout sono tornati. Con gli zaini terribilmente puzzolenti, fiumi inarrestabili di parole e un polso leggermente scheggiato.
Hanno scoperto che il tempo vola quando ci si diverte e che a loro sembra ieri quando sono partiti.
Hanno mangiatoverdure, corso veloci nelle lupettiadi, caduti dai letti a castello, organizzato il loro tempo in autonomia, scoperto di essere sonnambuli, pulito bagni con quantità spropositate di detersivo, visto come si scioglie lo stagno per fare monete, raccolto le more, fatto la festa dell’ impero cinese e tante altre cose, che forse non sapremo mai. Perché quando si va a un Campo Estivo la cognizione del tempo e della memoria svanisce come per magia.
La mamma chioccia, all’arrivo del pullman, ha guardato con curiosità i genitori in attesa, e non l’è sembrato vero di sentire “Questi sette giorni, però, non passavano mai”. Ha detto con supponenza a tutti “ALLORA NON SONO IO LA PAZZA!!” e si è lanciata verso il fiume dei bambini che scendevano dall’autobus. Ha morso sul collo una Giovane Capo che urlava goliardica “Allora bambini, torniamo su di nuovo?”, ignorando il lungo “Sìììììììì!!!” di tutto il branco. Ha salutato velocemente altre mamme chioccia che fuggivano correndo con i figli sulle spalle, ha chiamato gli zaini puzzolenti, che si sono diretti da soli verso la macchina e, strattonando dalle camicie i propri piccoli scout, è scappata con un lungo sospiro di sollievo.
La mamma scialla ha guardato con nostalgia il mese di ottobre, dove ricominceranno le uscite, spera che il tempo voli anche per lei. Poi si è imboscata dentro il portabagagli del piccolo autobus, perché l’autista tatuato le è sembrato un ottimo accompagnatore per raggiungere la frontiera dell’Argentina.
La mamma leonessa, col senno di poi, ha pensato che alla fine ne è valsa la pena. I piccoli scout sono tornati intensamente felici dell’esperienza e non hanno smesso un solo secondo di parlarne, tranne durante il tramortimento pomeridiano, esausti e rilassati, sui loro letti.
La mamma leonessa si ricorda di sua mamma, che dormiva sul divano per ore e ore, in attesa di sentire la chiave nella toppa. Che poi la doveva svegliare sbuffando perché non serviva aspettare il rientro. Si ricorda di lei stessa, allora, che non aveva mai capito niente fino ad ora.
Questa sera ci sono tutti, quando si spegnerà la luce saranno di nuovo in cinque, e anche se è stata bravissima a mantenere l’equilibrio, sa che dormirà con abbandono, con il cellulare finalmente lontano e spento, con il leggero russare oltre la sua stanza, per recuperare le ore di sonno legittimamente perdute.

giovedì 2 agosto 2018

DUE PICCOLI SCOUT E IL CAMPO ESTIVO. GIORNO 5/7.

  Dei due piccoli scout ovviamente non si hanno notizie. Il che, come da accordi, vuol dire che va tutto bene.
  La mamma tripolare ha riempito le sue giornate di lavoro e impegni, sere incluse, in modo di avere pochissimo tempo da dedicare a pensieri e meditazioni funeste. L’unico figlio rimasto ha assorbito gran parte delle sue attenzioni, pretendendo concentrazione e dedizione per se stesso dal resto degli abitanti della casa perché non gli par vero di avere ogni cosa, inclusi i genitori, da godersi in solitudine.
  La mamma chioccia, nonostante la stanchezza dovuta al sovraffollamento degli spazi mentali, ha avuto modo di avere qualche volta le palpitazioni e l’insonnia e non ha resistito alla tentazione di cercare sulla rete il probabile luogo (lei si è detta che sì, è quello lì, perché è una casa bellissima in un prato bellissimo) dove soggiornano i piccoli scout. Invece con il meteo riesce ancora a controllarsi, in una sorta di scommessa con se stessa, o forse è più una sorta di “occhi non vedono cuore non duole”. La mamma chioccia, questa volta, ha dovuto fare molti sforzi, tra cui leggere un libro molto bello su un rapitore seriale di bambini incustoditi. Ma lei i libri non li molla mai, anche quando la sommergono nel suo alone di apprensione, e l’ha letto tutto d’un fiato, di corsa, come se qualcuno corresse dietro di lei, per finirlo il prima possibile e scrollarsi di dosso l’aggiunta gratuita di paure.
  La mamma scialla pensa in continuazione alle valigie da riempire selvaggiamente, alle uscite senza figli, al sonno buttato via questa settimana, al caos che sarà l’ormai vicino weekend. Ma soprattutto pensa agli anni che mancano per mandare un terzo piccolo scout con i fratelli ad un lungo e proficuo campo estivo. E non vede l’ora.
  La mamma leonessa sgrana i giorni. La conta è molto simile a quella delle vacanze, quindi lascia con gioia che il figlio unico rimasto faccia la sua crocetta sul piccolo calendario che si sono costruiti appositamente per gustarsi in anticipo la partenza.
I giorni passano lenti, èancoralunedìèancoramartedìoddioègiàgiovedì, ma per lei, da sempre, quando si può già dire “dopodomani”, il traguardo si sente vicinissimo.
  Non cerca di immaginare niente perché impara anche lei, piano piano. Ormai non manca tanto. Tra loro soltanto un paio di giorni e di notti, un turno di lavoro, valigie, una cena a due, un unico figlio fagocita e iperattivo e una lista compilata a metà di cose da non dimenticare.
  E’ serena e aspetterà che i racconti del campo sorgano durante il lungo viaggio, dopo che saranno svenuti dalla stanchezza, rinvenuti per mangiare e svenuti di nuovo per diverse volte.
  La mamma leonessa che, fin da molto piccola, del distacco ha fatto la sua bandiera, è bravissima a non far trapelare nulla nè prima nè dopo. Perché vuole dare a loro la certezza che, quando un giorno diranno: “io vado”, lei saprà sempre rispondere: “vai”.

DUE PICCOLI SCOUT E IL CAMPO ESTIVO. GIORNO 1/7


Baci e abbracci.

-Comportatevi bene e non fate stupidate, bimbi, e attentiagliorsialleserpentiaiburroniaifiumialletempesteagliorchieaignomicattividelbosco.

-Ok, mamma. Ciao, ora vai.

-Bene, Giovani Capi, ve li lascio, noi cominciamo ad andare. Mi raccomando…

-Quanta fiducia… Dai che ci divertiremo!

-Certocerto.

-Non si preoccupi.

-No, ma io non mi preoccupo. Sono solo un pò ansiosa nonché leggermente paranoica.

-Addirittura? Ma tipo che adesso ci segue in macchina fino all’arrivo?

-Non datemi idee. Sappiate che ci penserò tutto il tempo.

-Vada, vada. Tanto lo sa già, se non ci sente è perché va tutto bene.

-Si, lo so - (bella idea demmerda) - Allora buon lavoro a voi.

-Grazie, signora! Ci sentiamo tra una settimana per l’orario di ritorno.

Grazieunacippa, pensa la mamma tripolare. Ma se ne va senza girarsi.
Oggi la mamma chioccia ha fatto grandi progressi. E’ stata in un luogo dove il telefono è rimasto irraggiungibile per ben due ore all’andata e due ore al ritorno, potendo consultare le notizie ansa ed eventuali chiamate perse soltanto pochissime volte. Ci ha rimuginato spesso durante la camminata ma nel frattempo ha parlato quasi ininterrottamente sfidando il fiatone per coprire i pensieri funesti, si è presa insieme ai compagni un acquazzone tremendo, ha mangiato polenta e formaggio ed è pure riuscita a divertirsi molto. E’ stata tramortita dalla stanchezza della giornata e non ha mai guardato ilmeteo.it nonostante l’improvviso e veloce temporale, consapevole che con molta probabilità si è replicato pure nel bresciano sui piccoli scout.

La mamma scialla ha ammirato a lungo una isolata locanda in mezzo al percorso alpino, con una veranda fiorita e un promesso silenzio assoluto al calar della notte, cullando il sogno segreto di nascondersi lì per i prossimi mesi.

La mamma leonessa, avendo ben impresse in testa le facce sorridenti e spettanti di tutti i lupetti che sostavano vicini ad una colorata montagna di zaini, ha solo pensato, un po’ per farsi forza e un po’ perché lo crede veramente, che non c’è nessun motivo al mondo per cui la prima giornata del campo non possa essere stata bellissima e divertente anche per i due piccoli scout.

giovedì 26 luglio 2018

DUE PICCOLI SCOUT E UN CAMPO ESTIVO

  Fra due giorni i Due Piccoli Scout partiranno per il lungo Campo Estivo in un luogo sperduto del Bresciano ad oltre mille metri di altitudine insieme al branco e ai loro giovani capi. Per una settimana rimarranno incontattabili e isolati dalle loro famiglie in balia del divertimento, della natura e di millimemila attività.
La loro mamma tripolare, preda di altalenanti emozioni, ha iniziato a tirar fuori dagli armadi l'occorrente per il campo, per poi essere messo negli zaini dai legittimi proprietari, seguendo con solerzia una dettagliatissima lista fornita dai loro diligenti capi.
Trattasi di 6/7 magliette, 4 pantaloncini, 8 mutande, 8 calzini... e così via in una distesa di piccole montagne di biancheria, sulle quali la mamma chioccia non ha potuto evitare di aggiungere almeno un altro capo per tipo, perché si sa che nei campi estivi di piccoli scout nei luoghi sperduti può sempre servire qualche indumento in più.
La mamma chioccia, memore del precedente campo, ha tremato pochissime volte nei giorni precedenti la partenza. Dice spesso a se stessa e al suo intorno che, se sono sfuggiti alle temperature sotto zero e alle montagne innevate tornando sani e salvi tutti quanti, c’è un’alta probabilità che il tasso di sopravvivenza si ripeta anche questa volta.
Si è fatta convincere dalla mamma leonessa e non ha controllato il meteo prima della partenza per non rischiare di rapire i propri figli e nasconderli in cantina fino alla fine del campo estivo. Fa esercizi di respirazione la sera prima di addormentarsi per smettere di pensare ai pericolosi crepacci e ai serpenti velenosi. Ogni tanto urla raccomandazioni utilissime, come tenersi alla larga da orsi e lupi ed evitare i fiumi con le rapide.
Ogni tanto, però, in momenti di particolare raccoglimento, il pensiero della mancanza di controllo materno per così tanti giorni la fa sprofondare in un vortice di silenziosa e segreta angoscia che ha imparato a tenere per sè, perché è risaputo: l’ansia e la paura non giustificate sono trasmissibili e pericolose.
La mamma scialla ha prenotato un lungo viaggio in solitaria con un'esotica guida brasiliana nella foresta Amazzonica fino a fine estate e un corso di vela lungo le coste dell'America Centrale. Nel caso il viaggio salti, sa già che uscirà tutte le sere e dormirà durante i pomeriggi lunghe sieste ristoratrici dopo aver regalato ai vicini l'unico figlio rimasto. In tutti quanti i casi, la mamma scialla sarà irreperibile e negherà davanti al giudice di avere una famiglia a cui badare.
La mamma leonessa ricorda con piacere i suoi campi estivi con gli scout, con esperienze che, ai giorni nostri, avrebbero provocato l'intervento dei servizi sociali. Ricorda anche la Promessa fatta in un bosco, senza i due incisivi, il viso molto più tondo di oggi, una frangetta oscena e i panni lavati nel fiume e lanciati insaponati controcorrente da raccogliere sciacquati quando ritornavano tra le gambe. Pensa con orgoglio al sacco a pelo che aveva imparato subito ad arrotolare, ai canti dopo la cena e al richiamo mattiniero con il fischietto sotto la bandiera. La mamma leonessa ricorda il sasso piatto, per anni sul suo comodino, dove i capi avevano scritto la dedica “per la più chiacchierona di tutto il branco”. La promessa di stoffa rossa con le strisce bianche e il fermaglio fatto da lei con la corteccia di un pino. Le notti insonni piene di rumori, la tazza di alluminio con un pezzo di nastro isolante bianco nel manico per renderla riconoscibile, l'assenza di nostalgia da casa, la piccola spilla del lupetto sul cappello. Gli scarponcini però no, quelli non riesce a rammentarli.
E si augura che anche per i Due Piccoli Scout le esperienze possano essere indelebili. Ricordi sbiaditi col tempo, immagini bellissime e vivide sensazioni che rimangano impigliate così, come le magliette insaponate tra le caviglie, riportate indietro dall’acqua del fiume.

martedì 26 giugno 2018

DUE PICCOLI SCOUT E UNA MAMMA TRIPOLARE. IL CAMPO INVERNALE.


 Due piccoli scout e una mamma tripolare. (Parte 1)
 

Due piccoli scout sono partiti ieri mattina, ricoperti da enormi zaini e da mille raccomandazioni inutili, pronti per quattro giorni di ghiaccio in un posto molto simile al Polo Nord.

La sera prima la mamma chioccia studiava segretamente un modo subdolo per far saltare il viaggio. La mamma leonessa elencava le diverse combinazioni possibili dell’abbigliamento interamente ed esclusivamente termico e impermeabile. La mamma scialla era fuori dalla stanza a fare il trenino al ritmo di ‘cacao meravigliao’ e, mentre partiva per le Isole Caiman, urlava “divertiteviiiiii!!”.

E’ la prima volta che ci separiamo per così tanto tempo, mettendo così tanti chilometri tra noi, lontani dai loro letti e da entrambi i genitori.

Il viaggio in pullman durerà qualche ora. Il tragitto sarà in parte sotto le nevicate. Quindi le domande “Avvisate all’arrivo, vero? Farete sapere durante quei giorni, vero?” sono di rigore in attesa del resto del gruppo.

Un ragazzo che veste con pantaloncini corti a qualunque temperatura e con lo sguardo limpido e responsabile dice come unica risposta “Il nostro motto è ‘Nessuna nuova, buona nuova”. Avviseremo sabato prima del rientro”.

La mamma chioccia dice a voce altissima “Che motto de mierda” mentre corre verso l’autobus per fermarlo con il proprio corpo. La mamma leonessa, scacciando i propri traumi infantili, sorride e mormora “Giusto. Anche i miei facevano sempre così. Una volta mica c’erano i telefonini. Mi sembra un’ottima idea.” La mamma scialla apre la bottiglia di martini mentre accende il motore della macchina e pensa che per l’anno prossimo sarebbe ottimo proporre qualche giorno in più di campo invernale.

E così è passata la prima giornata di assenza. Il da farsi del giorno ha tenuto i pensieri lontani e le ore sono volate. Ma poi è arrivata la sera e poi la notte. Una volta a letto la mamma chioccia ha guardato il soffitto e ha visto le sestiglie dei bambini sepolti sotto la neve e forti tremori hanno scosso le sue gambe sotto il piumone. La mamma leonessa ha tenuto strette le spalle e ha blaterato sull’autonomia dei figli e il grandissimo divertimento che li travolge, cercando di essere convincente. La mamma scialla ha fatto ubriaca qualche capriola sul letto e ha sostenuto di non avere mai avuto figli.

Ma poi è arrivata Pollyanna. Ha radunato tutte quante le mamme e ha fatto un bel discorso. Per il benessere mentale di tutte quante ha consigliato che la cosa migliore è rimanere calmi. Ha detto che sarebbe andato tutto bene. Ha fatto tacere le conversazioni caotiche e i pensieri d’inverno. E così, finalmente, cullate dalla sua voce serena, hanno tutte chiuso gli occhi e dormito benissimo per tutta la notte.

 

Due piccoli scout ancora non pervenuti. (Parte 2)
I due piccoli scout sono ancora non pervenuti, probabilmente caduti, secondo la mamma chioccia, in qualche crepaccio del Polo Nord dove aspettano quasi assiderati i soccorsi da lei inviati.

La mamma chioccia ha già guardato, con una frequenza notevole, nell’ordine: le previsioni meteo, il meteo odierno, le foto della valle, le foto del paese, le foto della casa con annesse informazioni dettagliate e le foto delle stanze, controllando poi se i letti a castello sono a norma di legge e in sicurezza. Ha già allertato le forze dell’ordine nel caso venisse meno il Wi-Fi di casa e non riesca a controllare il meteo durante la mezz’ora successiva.

La mamma leonessa legge, va a correre e gioca con l’attuale figlio unico. Ha già in mente cosa fare per pranzo il giorno del rientro e pensa a quante ore di doccia ci vorranno dopo quattro giorni di salviette umidificate. La mamma leonessa sa benissimo che, in assenza di genitori, i bambini avranno evitato qualunque contatto con il sapone, sentendosi parecchio matura quando questo pensiero la sfiora e riesce a non rabbrividire.

La mamma scialla è uscita ieri sera, abbandonando il figlio piccolo senza nessun rimorso. Ha ordinato la pizza più costosa e ha bevuto due birre medie, è salita sul tavolo lunghissimo e ha urlato al resto dei commensali che è da sfigati uscire a cena con i figli. Poi si è riseduta, si è goduta la cena, ha riso e non gli è mancato per niente guardarsi intorno continuamente, ne’ tagliare il cibo a qualcuno.

Poi, di notte, la mamma chioccia ha sentito palpitazioni, una leggera nausea e freddo alle mani. Ha pensato convinta che una mamma sente le stesse sensazioni dei figli e allora ha creduto che i piccoli scout fossero finiti dentro un iceberg. La mamma leonessa le ha spiegato che a Bergamo non c’è il mare, tanto meno ghiacciato, e che probabilmente a quell’ora dormivano da un pezzo al calduccio dei sacchi a pelo. La mamma scialla ha pensato che la prossima volta deve farsi mettere le olive sulla pizza e ha contato con fastidio gli anni che mancano perché l’attuale figlio unico possa andare via con i fratelli.

Pollyanna ha fatto fare a tutte un respiro profondo, ha ricordato che manca poco per il rientro, ha aperto un libro e dopo pochi minuti si sono addormentate profondamente


Due piccoli scout rientrano. (Parte 3)

I due piccoli scout sono rientrati molto molto contenti, portando un nuovo fazzoletto importantissimo appeso al collo e quasi tutte le cose con cui sono partiti dentro lo zaino. Sono tornati sani e salvi, senza segni di assideramento né denutrizione, con tante storie da raccontare e una grande stanchezza addosso.

La mamma chioccia si è fatta trovare sul posto con due ore di anticipo munita di diversi generi di conforto. Una volta arrivati è saltata dentro il pullman attraversando il finestrino ancora chiuso e ha baciato sulla bocca l’autista, ringraziandolo per la sua solerte guida e consapevole del fatto che riportare i figli

altrui a casa è un lavoro fondamentale e mai abbastanza riconosciuto. Poi ha accusato le guide scout di rapimento, ha giurato che non succederà mai più, ha stretto i suoi piccoli in una struggente morsa quasi letale, ha messo in spalla gli zaini, i due bambini, la macchina, i generi di conforto e si è allontanata di corsa.

La mamma leonessa, orgogliosa dell’autonomia ottenuta dai pargoli li ha abbracciati forte e ha chiesto se si fossero divertiti. Li ha fiondati sotto la doccia, svuotato gli zaini e goduto dell’ottimo stato di salute dei figli dopo essere cascata in un riuscito scherzo con delle bende finte.

La mamma scialla, una volta salutati, è salita sull’autobus, ha dato una grossa busta all’autista e ha pregato di essere portata molto lontano.

Pollyanna è comparsa soltanto alla fine, ha salutato e si è detta soddisfatta per il buon senso che ha prevalso durante la nuova esperienza. Ha augurato un buon anno e andando via ha detto ‘alla prossima’. Poi, nonostante qualcuna abbia mormorato tra i denti che non ci sarà un’altra volta, è tornata al suo posto di sempre sapendo che si vedranno ancora e ancora, ma che per ora, per quella notte e per quelle successive, avrebbero dormito tutte quante serenamente e rispettando un religioso silenzio.

venerdì 22 giugno 2018

OLIVIA 24/3/18



Tu no lo sabes aún, pequeña Olivia, pero los recién nacidos son el Año Cero, el boton reset, la levadura madre. Son la curva que no te esperas, el cuaderno en blanco. Eres demasiado menuda para saber que cuando nace un niño todo se para y se borra y se comienza de nuevo. Que cuando nace un niño se hacen las paces con el mundo, con los demás, con nostros mismos. Eres el principio y el final feliz, la protagonista de todas las historias. Tienes el poder de la creación, abriendo los ojos has hecho nacer un padre y una madre.
No lo sabes todavía, pero te esperan una bandada de primos de todos los grados, tu casa y tu cuna nueva. Te esperan días de brazo en brazo y una enorme familia y no habrá boca que no diga tu nombre con arrebato. Te esperan tus perros, los manguitos de la piscina y la antologia completa del Señor de los Anillos, de la que no podrás escapar. Te esperan las tardes al sol, la ermita de la Sierra y el Coto Tobarrillas. Las brasas para el cordero y el chocolate escondido en la mano de la abuela.
Pequeña Olivia, tu no has venido al mundo, es el mundo que se acerca a ti para darte un beso en la frente, de puntillas y en silencio, para que no te despiertes.




NOI E IL CALCIO PARTE IV (Stagione 2017/2018)


È arrivata la fine di una lunga stagione. Compiuto l’ultimo torneo, l’ultimo lavaggio della divisa, le ultime zolle staccate dalle suole. Il termine di una bella annata, come il vino, finita con il sole e il vento, con un buon sapore che rimarrà nel ricordo fino a settembre.
Dopo l’estate cambieranno scuola e sul campo invece si giocherà a 9. Si allargheranno le porte e lo spazio su cui correre, come si dovranno ampliare le loro piccole menti e i loro zaini pieni di libri quando metteranno i piedi sul prossimo gradino.
Chissà se saremo pronti anche noi grandi, come a bordo campo, quando diventerà sempre più difficile accettare gli errori e le sconfitte. Quando saremo sproporzionati nell’esplosione di entusiasmo ad ogni vittoria. Forse sì, saremo pronti, perché alla fine si griderà sempre “Forza Gera” comunque vada.
Un anno ancora per imparare che a volte si vince e a volte si perde. Che si può perdere contro i forti e poi vincere su quelli che hanno sconfitto i forti, in uno sciocco giro di giostra che serve a capire che la palla è rotonda. Che si può essere ultimi anche se si è stati bravi o essere primi per un colpo di fortuna. Un passo in più che fa diventare grandi, perché non si finisce mai di imparare la lezione più difficile: l’importanza dell’impegno, l’importanza di essere squadra.
I nostri piccoli ma immensi guerrieri legati dalla stessa voglia di giocare. Un gruppo che cresce e si amplia ogni anno, eppure, da come si guardano, sembra siano sempre stati gli stessi dall’inizio, tutti lì a correre sgangherati da quando non sapevano ancora allacciarsi le scarpe.
Da sempre loro, che bevono dalle stesse borracce, che si scambiano incuranti le magliette e i calzettoni, che mangiano le caramelle come se non ci fosse un domani, che condividono segreti, si proteggono e si accettano come nessun adulto saprebbe mai fare.
Arriverà un giorno in cui dovranno scegliere altro, ma non è adesso. Ora è il tempo per loro, il tempo delle corse, del divertimento e dell’entusiasmo. E’ il tempo nostro, di restare, di tifare, di stare bene insieme. Ora, e per il prossimo anno biancorosso, Forza Gera!