domenica 22 dicembre 2013

Il raffreddore di Babbo Natale

                                                  1

Forse non ci crederete...perché non vi è mai capitato. Ma sono sicura che se vi fosse capitato lo avreste voluto raccontare al mondo intero.
C’era una volta una bella casa, dove abitavano tre fratellini: Rubén, il più grande, che aveva sei anni ma ne dimostrava almeno sette. Chiara, che aveva cinque anni e un sorriso di cinque metri. E Francesco, il più piccolo, due anni ancora da compiere e un mucchio di marachelle già compiute. Tutte le sere, dopo cena, una volta lavati i denti e messi i pigiami, arrivava il papà con un libro sotto il braccio. Il libro lo sceglievano sempre loro. Come tutte le sere, Rubén diceva che la storia era brutta, o troppo da bambini, o troppo noiosa, ma alla fine era il più attento di tutti mentre la ascoltava. Come tutte le sere, Chiara si lamentava qualche minuto perché avrebbe preferito un libro diverso, per poi, durante la lettura, coprire di coccole il su fratellino, mettere nel lettino qualche bambola e addormentarsi con una ciocca di cappelli tra le dita. E come tutte le sere,  Francesco non era interessato al libro, ma soltanto alle coccole della sorella, o ai giocatoli, mentre gironzolava canterino per la stanza. Anche quella sera, il papà arrivò con la storia. Ma quella non era una sera qualunque, era la Vigilia di Natale. Anche il libro era speciale. Parlava di Babbo Natale, di un fantastico viaggio, di magia e di regali. Fuori dalla stanza c’era l’albero con le luci accese. La letterina, il latte, i biscotti e le carote erano pronti nel vassoio. Il papà spense la luce della stanza, accese la lampadina accanto al letto e si mise seduto per terra a piedi nudi. Aprì il libro e iniziò a leggere, con la sua voce calda e un po’ musicale che conciliava il sonno. Dopo il cenone, i tre fratelli avevano la pancia piena, erano stanchi e si addormentarono in fretta. Ma Rubén, che non dormiva mai profondamente, si svegliò dopo pochi minuti. Che sorpresa! Il libro era per terra, aperto, accanto alle ciabatte, ma... il papà non c’era! Lo chiamò piano diverse volte e, con quel po’ di paura che lo accompagna sempre, decise di svegliare Chiara e Francesco.
Una volta che tutti e tre furono ben svegli, andarono alla ricerca del papà. La casa era buia, ma con le luci colorate dell’albero accese si riusciva a vedere qualcosa. Il papà non era nella sua camera a dormire. Non era neanche nel bagno, e neppure nel salotto. Forse in cucina?. No. Non era nemmeno in cucina.
Tornarono nella stanza e  solo allora si accorsero che il libro che poco prima stava leggendo il papà, rimasto aperto sul pavimento, aveva le pagine tenuemente illuminate. E mentre le guardavano stupiti, un fascio di luce uscito dal libro li inghiottì. In un attimo, nella cameretta verde con tre lettini, non rimasse nemmeno un bambino...


                                                 2

Si trovarono in una stanza tutta di legno. C’erano due finestre grandi, attraverso le quali si vedeva una piccola città tutta illuminata con lucine colorate, dove un manto di neve bianchissima copriva ogni cosa. La stanza era luminosa, si sentiva un bel calduccio nonostante avessero addosso soltanto i pigiami e, stranamente, i tre fratellini non avevano affatto paura di essere soli.
Aspettarono un po’, in attesa di scoprire se qualcuno sarebbe arrivato a trovarli. Poi Rubén si guardò in giro e prese l’iniziativa. Sotto un grande cartello con la scritta “USCITA PER BAMBINI” (era il fratello grande e sapeva leggere benissimo) c’era una porta di legno piccolissima. Uscirono da lì trovandosi  in un lungo corridoio pieno di finestre del quale non si vedeva la fine, talmente lungo da sembrare infinito!
Fuori dalla porta li aspettava un piccolo folletto vestito di verde e rosso. Era alto quanto Chiara ma tondo tondo, come se avesse mangiato due cuscini senza masticarli. I suoi vestiti erano fatti con diversi tipi di carta. Carta velina per le calze,  cartoncino i pantaloni, cartone per le scarpe, carta stagnola per la camicia e nastri brillanti per cintura, polsini e colletto. E sulla testa un cappello fatto di carta crespa e velluto, con una campanellina di feltro sulla punta. Era proprio un bel vestito! Sembrava un regalo natalizio a forma di folletto.
-Vi aspettavamo da un po’- disse -Il vostro papà stava cominciando a preoccuparsi.
E li fece salire su un piccolo trenino di legno, talmente piccolo che su ogni vagone poteva stare seduto solo uno di loro. Era trainato da due coniglietti bianchissimi come la neve, che partirono velocemente verso loro meta.
-Vostro papà è molto occupato ora. Quindi per darvi tutte le spiegazioni, vi porterò direttamente dal nostro capo.
Così, guardando fuori dalle finestre il cielo stellato e i tetti delle casette illuminate, arrivarono finalmente a destinazione.
Rubén, Chiara e Francesco si tenevano per mano mentre il folletto entrava attraverso un’enorme porta bianca e rossa dicendo loro di aspettare. Tenevano gli occhietti ben aperti, non volevano perdersi niente di quello che stava succedendo. Nemmeno un briciolo di sonno si era intrufolato nei loro corpi trepidanti.  
Il folletto uscì poco dopo e li fece entrare nella stanza del capo.


                                                 3

Era una stanza piccolissima, ma molto ordinata. Un tavolo grande, un camino in cui ardeva il fuoco, delle mensole piene di scatole e una grande sedia dove era seduto un grosso signore anziano, con barba bianca ed occhiali. Tossiva e si soffiava il naso in continuazione. Ma solo quando smise, rimettendosi in tasca il grande fazzoletto, i tre fratelli riuscirono a capire chi era il personaggio che avevano davanti.
Francesco gridò, puntando verso di lui il suo ditino:
-Dadotatale!.
Era proprio lui. Forse un po’ provato dal raffreddore, ma era Babbo Natale in persona.
Vedendo i visi dei bambini, Babbo sorrise sotto il suo naso rosso rosso e dietro la folta barba. Visi incantati, forse un po’ impauriti, e con gli occhi pieni di stupore. Come era possibile che, dopo cosi tanti anni, non si fosse ancora stancato di vedere tanta meraviglia?
Chiara fu la prima a riprendersi e chiese del loro papà. Fu così che Babbo Natale iniziò il suo racconto:
-Questa notte, come voi sapete, è la Vigilia di Natale. Siamo pieni di lavoro. Dobbiamo preparare tantissimi regali da portare ad ogni bambino del mondo. Ma negli ultimi tempi abbiamo avuto qualche problemino... Io mi sono ammalato (eeetcciùùù) come potete vedere - e  si soffiò ancora una volta il nasone - dovendo rimanere a letto per qualche giorno, rallentando il lavoro di tutti. Poi, improvvisamente, si sono raffreddati anche gli elfi! Eravamo nei pasticci! Avevamo proprio bisogno di un papà come il vostro.
I bambini continuavano a guardarlo, come ipnotizzati. Che non avessero capito bene cosa stava spiegando quel signore anziano e barbuto? Così, Babbo Natale, decise che, come per tutti i bimbi, la dimostrazione sarebbe valsa molto di più delle parole. E li portò a visitare la sua Fabbrica dei Regali.
Dietro ad uno scaffale della piccola stanza c’era una manovella. Babbo la fece girare, ed ecco che l’intera parete girò su se stessa e in un secondo si trovarono dentro un’enorme e rumorosa galleria.
Nella prima parte cinque grossi tubi che provenivano dall’esterno, facevano entrare lettere di tutti i colori, misure, lingue e provenienza. Le buste cadevano in grandi contenitori che si riempivano a vista d’occhio.
-Le nostre colombe portano qui tutte le lettere scritte dai bambini dei cinque continenti. Le imbucano dall’esterno e noi le raccogliamo tutte insieme.
Continuarono a camminare lungo il corridoio mentre Babbo Natale sfoderava ancora il suo fazzoletto e il suo naso diventava sempre più rosso. Ai lati correvano come schegge decine e decine di coniglietti bianchissimi, trainando piccoli trenini di legno pieni zeppi di lettere. Poi, finalmente, avvistarono il posto dove andavano a finire tutte quante.
-Questo è il lavoro più complicato. Bisogna tradurre le lettere, i bisogni, i desideri di ogni bambino!.
Davanti a loro si trovava il macchinario più strano, più grande e più colorato che avessero mai visto. Aveva la forma di un’armonica, ma molto molto più grande. Era talmente grande che ci si poteva entrare da ogni foro. Infatti era proprio dentro ad ogni buco che andavano a infilarsi i trenini di legno. Da dove si trovavano loro riuscivano a vedere soltanto i grandi fori dell’armonica, ma la musica arrivava dappertutto. A volte si sentiva lenta, melodica, ma subito dopo faceva venire voglia di ballare. E poi ancora lenta, e veloce, e ti faceva venire anche voglia di cantare.
-E qui abbiamo la chiave di tutto!- disse soddisfatto Babbo Natale -Con questa armonica noi trasformiamo le centinaia di lingue del mondo nel linguaggio universale: la Musica!.
-Ma come fai?!- chiesero i bambini.
-È molto semplice. Le parole dei bambini non sono come quelle degli adulti. Sono pulite, dicono esattamente quello che vogliono dire. I bambini non sanno nascondere segreti sotto la matita, non conoscono significati diversi di una stessa parola. E scrivono come leggono: con le mani, con gli occhi e con il cuore. La testa non serve ancora ai bambini. Loro pensano con l’anima. Per questo non servono specialisti e grandi intenditori delle lingue. Perché le parole dei bambini sono talmente pure che possiamo trasformarle facilmente in musica. Cosi, ogni lettera, diventa uno spartito.
E gli scappò un altro starnuto.
-Eeetcciùù!.
Un grande punto interrogativo galleggiava davanti alla faccia di Rubén. E l’unica cosa che gli venne in mente da dire fu:
-Io so leggere e scrivere.
-Anch’io- disse  Chiara, forse un po’ meno convinta, ma altrettanto confusa per la spiegazione.
-Achio- disse Francesco. Ma nei suoi occhi ormai c’era solo tanta stanchezza.
-Benissimo- rispose Babbo Natale - Così potremo far diventare musica anche le vostre letterine. E ora andiamo dal vostro papà.


                                                4

Il papà si trovava dietro l’armonica. Girarono attorno al grande macchinario e videro lunghi fili che univano lo strumento ad alcune scrivanie, dov’erano seduti piccoli elfi con grandi cuffie bianche alle orecchie. Tra loro c’era il papà, anche lui con le cuffie, che lavorava entusiasta.
-Ogni elfo traduttore ascolta la musica e scrive lo spartito. Non importa la lingua  di provenienza. La musica è musica. Si traduce in emozioni. I nostri elfi sono specialisti. In mezzo alle note leggono i desideri e i sogni dei bambini.  Cosí prepariamo i regali e li portiamo in giro per il mondo!.
-E il papà?- chiesero i fratellini.
-Eeeetcciù!- Babbo Natale starnutì con forza, e dopo una bella soffiata di naso disse:
-Quando ci siamo raffreddati e alcuni sono dovuti restare a letto, ci siamo accorti che avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse. Ma non poteva venire chiunque!. Ci voleva una persona fuori dall’ordinario. E’ successo altre volte. Ci vuole un papà particolare, con delle caratteristiche speciali: Un papà che sappia raccontare storie, altrimenti non avrebbe mai creduto alla nostra storia. Deve sapere anche un po’ di musica. Non è da tutti riconoscere le note! Un ‘do-re-mi’ sbagliato mi farebbe consegnare una scopa della Befana invece di una bicicletta ad un vostro amico. Ci vuole un papà che sappia riconoscere le emozioni, e vedere dietro i sorrisi dei bambini, o dietro le loro lacrime, prima di dormire. Un papà che spunti le matite dell’astuccio la sera e che si sia alzato per voi di notte almeno mille volte, in caso contrario non potrebbe mai tradurre le parole sacre dei bambini. Che sia paziente, perché questa notte dovrà passare tante ore tra i loro pensieri. E poi ci voleva assolutamente un papà che sapesse usare il termometro e somministrare sciroppi! Dovevamo misurare la febbre ai folletti almeno tre volte al giorno e fargli bere la cura a base di polvere di stelle marine. E no!, non sarebbe potuto venire chiunque. Il vostro papà faceva proprio al caso nostro.
Si avvicinarono veloci alla scrivania del papà, che muoveva testa e piedi a ritmo di musica, mentre scriveva su un plico di fogli colorati.
Quando alzò la testa sorrise, e fu felicissimo di vedere i suoi figli in mezzo a quel mondo natalizio, che con la loro presenza diventava ancora più magico. Abbracciò con forza tutti e tre, e con il più piccolo seduto sopra le ginocchia, riprese a lavorare freneticamente. Mancava così poco tempo al momento della partenza dei regali!...
Rubén e Chiara vollero rendersi utili e Babbo Natale li accompagnò dove potevano aiutare. Chiara, essendo bravissima a colorare, fu messa ai Nastri di Fabbricazione della Carta regalo, dove cominciò subito a pitturare su tutti i tipi di imballi che si possano immaginare. E disegnò e colorò alberi, fiocchi di neve, campanelle, nastri, piccoli babbi natale, renne, orsetti, stelle... fino a saziare le sue mani da artista.
Rubén, grande esperto di stampatello minuscolo, finì nel reparto invii. Gli misero in mano la penna più bella che avesse mai visto e che cambiava colore magicamente ad ogni nuovo nome. Ne scrisse centinaia, con il suo fare scrupoloso, sopra ogni pacco regalo prima che venisse spedito.
Nel frattempo, Francesco si era addormentato beato nelle braccia di papà, sognando musica e luci colorate.
Aiutarono Babbo Natale e i folletti fino a mezzanotte.
-Vi ringrazio tanto, bambini. Senza di voi e il vostro papà non ce l’avremmo mai fatta a finire in tempo!.
Quando fu l’ora, un esercito di coniglietti bianchi arrivò con i trenini di legno, che furono riempiti di regali velocemente. Portarono tutti i pacchi all’esterno, dove stava aspettando Babbo con la sua slitta, enorme e luccicante, trainata da dodici splendide renne dalle corna vellutate e lunghissime.
Una volta carica, Babbo Natale, dopo due forti starnuti -Eeetcciù, eeetcciù- e una soffiata di naso, partì come un razzo verso il cielo stellato perdendosi nella notte.
Nel tempo che i tre fratelli e il papà ci misero a guardarsi negli occhi un po’ meravigliati e un po’ stanchi, un raggio di luce li avvolse accecandoli. E un attimo dopo, tutti e quattro erano tornati in cameretta!
Il libro era aperto dove l’avevano lasciato. Oddio, la mamma! Chissà se si era accorta della loro assenza! Controllarono piano in camera da letto... era ancora lì a dormire.
Erano talmente stanchi che, dopo aver riposto il libro sullo scafale ed essersi sussurrati la buona notte, si addormentarono subito. Così, il papà appoggiò l’ancora sognante Francesco sul lettino e andò a dormire.

                                                5

Il mattino dopo furono svegliati da una musica soave che arrivava da qualche parte della loro piccola memoria. Si precipitarono sul lettone, augurandosi Buon Natale in un groviglio di lenzuola e abbracci.
 -Babbo Natale!- urlarono i bambini dopo un po’.
 Il papà aprì la spedizione verso il salotto mentre Rubén, Chiara e Francesco lo seguivano un po’ incerti su quello che avrebbero trovato. Sopra un telo rosso videro cinque meravigliosi pacchi di carta profumata e colori brillanti, dove si riflettevano le lucine accese dell’albero di Natale. Potevano addirittura riconoscere i disegni fatti da Chiara e i nomi scritti da Rubén!
I bambini si guardarono felici, perché quella notte avevano visto tante cose straordinarie a cui sicuramente la mamma non avrebbe mai creduto se glielo avessero raccontato. Allora il papà fece loro l’occhiolino, portandosi un dito davanti alle labbra.
–Sssssh- disse. E fece un bellissimo sorriso.
-Dadotatale!- esclamò Francesco. E la mamma fece un altro bellissimo sorriso, ignara della loro incredibile avventura notturna.

Eeeeetcciuuù! 



A Rubén, Chiara e Francesco, che hanno il papà che si meritano.


El resfriado de Papá Noel

1

Puede ser que no me creáis... porque no os ha sucedido nunca. Pero estoy segura que si os hubiera pasado a vosotros ya se lo habríais contado al mundo entero.

Érase una vez una bonita casa, donde vivían tres hermanos: Rubén, el más grande, tenía seis años pero aparentaba siete. Chiara, tenía cinco años y una sonrisa que medía cinco metros. Y Francesco, el más pequeño, dos años aún por cumplir ¡pero un montón de travesuras ya cumplidas!.
Todas las noches, después de cenar, cuando ya se habían lavado los dientes y puesto los pijamas, llegaba el papá con el libro que habían escogido ellos mismos debajo del brazo.
Como todas las noches, Rubén decía que no le gustaba la historia, que era de niños pequeños, o aburrida... Pero al final era el que más atento estaba.
Como todas las noches, Chiara se quejaba unos minutos porque habría preferido otro libro diferente, para más tarde, durante la lectura, perderse acariciando a su hermano pequeño, acostando en la cuna una muñeca y durmiéndose con una mecha de cabellos entre los dedos. Y como todas las noches, a Francesco no le importaba para nada el libro, sino los mimos de su hermana o los juguetes, mientras bailoteaba cantarín por la habitación.
Aquella noche, pues, llegó el papá con la historia. Pero aquella no era una noche cualquiera, era Nochebuena. El libro también era especial. Narraba un viaje fantástico entre magia, regalos y Papá Noel.
El árbol de Navidad estaba en el salón, con las luces encendidas, y a sus pies, sobre una bandeja, bien preparadas: la carta con la lista de regalos, la leche, las galletas y las zanahorias.
El papá apagó la luz de la habitación, encendió la lamparilla de la mesita y se sentó en el suelo quitándose los calcetines. Abrió el libro y empezó a leer, con su voz cálida y un poco melódica que conciliaba el sueño. Después de la cena, los tres hermanos tenían la barriga llena, estaban cansados y se durmieron enseguida. Pero Rubén, que no dormía nunca profundamente, se despertó al cabo de pocos minutos. ¡Qué sorpresa! El libro estaba en el suelo, abierto, al lado de los calcetines, pero... ¡el papá no estaba! Lo llamó despacio varias veces y, con ese poco de miedo que lo acompaña siempre, decidió despertar a sus hermanos.
Cuando estuvieron los tres bien despejados, fueron a buscar al papá. A pesar de la oscuridad de la casa, las luces encendidas del árbol les permitían caminar por el pasillo. El papá no estaba durmiendo en su cama. Tampoco estaba en el bagno, y nisiquiera en el salón. ¿Y en la cocina? Menos aún.
Volvieron a su habitación y fué entonces cuando se percataron que las páginas del libro que poco antes estaba leyendo el papá se iluminaban levemente. Y mientras las miraban asombrados un rayo de luz surgido del libro los engulló.
En un periquete, en el dormitorio verde con tres camas, no quedó ni un solo niño.


2

Se despertaron en una habitación con el suelo y las paredes de madera. Tenía dos grandes ventanas, desde las que se veía una pequeña ciudad iluminada con lucecitas de colores y donde todo lo cubría un manto de nieve blanquísima. La estancia estaba llena de luz y, aunque llevaban puesto sólo el pijama, se sentía un agradable calorcillo. Era raro, los tres hermanitos sabían que estaban solos y sin embargo no tenían miedo.
Esperaron un poco, por si alguien venía a buscarlos. Pero al cabo de un rato Rubén buscó con la mirada a su alrededor y tomó una decisión. Debajo de un gran cartel donde estaba escrito “SALIDA PARA NIÑOS” (era el hermano mayor y sabía leer muy bien) había una puerta de madera muy pequeña. La atravesaron si dificultad y se encontraron en un largo pasillo lleno de ventanas del que no se veía el final, era tan largo ¡que parecía infinito!
Allí les esperaba un pequeño elfo vestido de verde y rojo. Era tan alto como Chiara, pero redondito, como si se hubiera comido dos almohadones sin masticar. Toda su ropa estaba hecha de papel. Papel de acetato para los calcetines, cartulina para los pantalones, cartón para los zapatos, papel de aluminio para la camisa y cintas brillantes para el cinturón, las mangas y el cuello. Y en la cabeza un gorro de papel pinocho y terciopelo, con una campanilla de fieltro en la punta. De verdad que era un traje bonito. Parecía un regalo a forma de elfo.
-Os estábamos esperando- dijo. -Vuestro padre empezaba a preocuparse.
Y los hizo subir en un pequeño tren de madera, tan pequeño que en cada vagón cabía sólo una persona. Dos conejos blanquísimos como la nieve tiraban del tren y, veloces, partieron hacia la meta.
-Vuestro papá está muy ocupado. Así que os llevaré primero a hablar con nuestro jefe. Él os lo explicará todo.
Así pues, mirando por las ventanas el cielo estrellado y los techos de las casitas iluminadas, llegaron al final del trayecto.
Rubén, Chiara y Francesco esperaron cogidos de la mano mientras el elfo entraba por una enorme puerta blanca y roja. Tenían los ojitos bien abiertos, no se querían perder nada de lo que estaba sucediendo. En sus cuerpos temblorosos no había conseguido entrar ni una gota de sueño.
El elfo salió poco después y los acompañó al interior del despacho del jefe.


3

Era una habitación pequeña pero muy ordenada. Una mesa grande, una chimenea donde ardía el fuego, estanterías llenas de cajas y un sillón donde estaba sentado un anciano grande y gordote, con barba blanca y gafas. Tosía y se sonaba la nariz constantemente. Sólo cuando terminó, metiéndose en el bolsillo el grande pañuelo, los tres hermanos supieron quién era la persona que tenían delante.
Francesco gritó señalándolo con su dedito:
Papaolé!.
Sí, era él. Un poco estropeado por culpa del resfriado, claro, pero era Papá Noel en persona.
Viendo las caras de los niños, Noel sonrió entre la frondosa barba blanca, por debajo de su nariz roja. Rostros embelesados, un poco asustados quizás, y con las miradas llenas de asombro. ¿Cómo era posible que después de tantos años no se hubiera cansado todavía de ver tanta maravilla?
Chiara fue la primera que se rehizo y preguntó por su padre.
Entonces Papá Noel empezó su relato:
-Esta noche, como vosotros sabéis, es Nochebuena. Tenemos mucho trabajo. Debemos preparar los regalos que llevaremos a todos los niños del mundo. Pero últimamente hemos tenido problemas... Yo me he puesto malo (aaatcchuú) como podéis ver - y se sonó otra vez la nariz- He tenido que guardar cama durante algunos días, entorpeciendo el trabajo de todos.
Luego, de golpe, ¡se han resfriado los elfos también! ¡Un desastre! Necesitábamos de verdad un papá como el vuestro...
Los niños lo miraban como hipnotizados. ¿Es que no habrían  entendido bien lo que les estaba explicando aquel señor anciano y barbudo?
Papá Noel decidió que, como para todos los niños, una demostración valía mucho más que las palabras. Y los llevó a visitar su Fábrica de Regalos.
Detrás de una estantería del despacho había una palanca. Noel la hizo girar y la pared entera dió la vuelta sobre sí misma. En un segundo se encontraron dentro de una enorme y ruidosa galería.
A su lado vieron cinco grandes tubos que provenían del exterior, desde los que entraban cartas de todos los colores, medidas, idiomas y procedencia. Los sobres caían en grandes contenedores que se llenaban en un santiamén.
-Nuestras palomas recogen las cartas que escriben todos los niños de los cinco continentes y las traen hasta nuestros buzones, pero nosotros las acumulamos todas juntas.
Siguieron caminando por el pasillo mientras Papá Noel sacaba otra vez el pañuelo y su nariz se volvía cada vez más roja. A los lados corrían como flechas docenas y docenas de conejillos blanquísimos, arrastrando tras de sí los pequeños trenes de madera llenos hasta los bordes de cartas.
Hasta que avistaron el lugar donde iban a parar todas ellas.
-Este es el trabajo más complicado. Hay que traducir las cartas, las exigencias y los deseos de cada niño.
Delante de ellos se encontraba la máquina más extraña que habían visto nunca. Era de colores y tenía la forma de una armónica, pero mucho más grande. Tan grande que se podía entrar a través de los agujeros. De hecho, era dentro de cada orificio donde los trenecillos de madera acababan su recorrido. Desde allí los tres hermanos podían ver sólamente los agujeros de la armónica, pero oían una música extraña que flotaba en el aire. A veces era lenta, melodiosa, y un momento después cambiaba ritmo y te daban ganas de bailar. Luego otra vez lenta, luego rápida, y entonces te daban ganas de cantar.
-Aquí está la clave de todo- dijo satisfecho Papá Noel -Con esta armónica transformamos los cientos de idiomas del mundo en el lenguaje unirversal: la Música!
-¿Y cómo lo hacéis?-preguntaron los niños.
-Es muy sencillo. Las palabras de los niños no son como las de los adultos. Son cristalinas, límpidas. Dicen exáctamente lo que quieren decir. Los niños no saben esconder secretos debajo del lápiz, no conocen significados diferentes de una misma palabra. Y escriben como leen: con los dedos, con los ojos y con el corazón. La cabeza no les sirve todavía a los niños. Ellos piensan con el alma. Por eso no sirven grandes especialistas en idiomas. Porque las palabras de los niños son tan puras que podemos trasformarlas fácilmente en música. Y así, cada carta se convierte en una partitura.
Y se le escapó otro esturnudo.
-Aaatchú!
La expresión del rostro de Rubén era un gran signo de interrogación. Lo único que se le ocurrió decir fue:
-Yo se leer y escribir.
-Yo también - dijo Chiara, aunque no era del todo verdad, pero estaba tan confusa después de la explicación como su hermano.
-Yobebén- dijo Francesco. Pero en sus ojos ya no quedaba mas que sueño y cansancio.
-Pues me parece estupendo- dijo Papá Noel - Así podremos convertir vuestras cartas en música.


4

Caminaron alrededor de la máquina y vieron largos cables que unían el instrumento con algunos pupitres, donde estaban sentados unos cuantos elfos con grandes auriculares blancos en las orejas. Entre ellos estaba el papá, con los suyos puestos, que trabajaba con entusiasmo.
-Cada elfo traductor escucha la música y escribe la partitura. No importa el idioma de origen. La música es música. Se traduce en emociones. Nuestros elfos son especialistas en traducirlas. Descifran entre las notas los deseos y los sueños de los niños. Y así, podemos preparar los regalos y repartirlos por el mundo.
-¿Y el papá?- preguntaron.
-¡Aaaatchú!- Papá Noel estornudó con fuerza y  después de sonarse bien la nariz dijo:
-Cuando nos resfriamos y tuvimos que guardar cama, nos dimos cuenta que necesitábamos ayuda. ¡Pero no podía venir qualquiera! Tenía que ser una persona extraordinaria. Ya nos ha pasado otras veces. Se necesita un papá particular, con características especiales: Un papá que sepa contar historias, porque si no, no se habría creído ni una palabra de la nuestra. Tiene que saber también un poco de música. ¡No todos saben reconocer las notas! Un “do-re-mi” equivocado podría llevarnos a entregar una calabaza en vez de una bicicleta. Se necesita un papá que sepa reconocer las emociones, y ver lo que se esconde detrás de vuestras sonrisas o lágrimas cuando es la hora de acostarse. Un papá dispuesto a sacar punta a los lápices del estuche todas las tardes y que se haya levantado de noche al menos mil veces por oíros llorar, de lo contrario no podría jamás traducir las prodigiosas palabras de los niños. Un padre que sea paciente, porque esta noche tendrá que pasar muchas horas entre pensamientos infantiles. Y además, ¡era necesario saber utilizar el termómetro y dar cucharadas de jarabe! Hemos tenido que tomar la fiebre a los elfos por lo menos tres veces al día y darles dos cucharaditas de sirope de polvo de estrellas de mar. ¡No,No! ¡No podía venir qualquiera! Vuestro padre era el padre que necesitábamos.
Se acercaron rápidamente a la mesa del papá, que movía la cabeza y los pies al ritmo de la música mientras escribía sobre un montón de papeles de colores.
Cuando alzó la vista sonrió y se alegró mucho de ver a sus hijos en medio de aquel mágico mundo navideño, que le parecía todavía más especial ahora que estaban dentro ellos también.
Los abrazó con fuerza y, con el más pequeno sentado sobre las rodillas, siguió trabajando con frenesí. ¡Faltaba poco tiempo para la entrega de los regalos!
Rubén y Chiara querían ayudar y Papá Noel los llevó donde podían aprovechar sus cualidades. Chiara, que sabía pintar muy bien, fué a las Cintas de Fabricación de Papel de regalo, donde comenzó enseguida a colorear decenas de embalajes diferentes. Y dibujó árboles, copos de nieve, campanillas, lazos, pequeños papá noeles, renos, ositos, estrellas... hasta saciar sus manos de artista.
Rubén, gran experto de letras minúsculas y cursivo, acabó en la sección de Envíos. Le dieron la pluma más bonita que había visto nunca y que cambiaba mágicamente de color a cada nuevo nombre. Escribió y escribió centenares de direcciones, escrupulosamente, sobre cada regalo.
Mientras tanto, Francesco se había dormido profundamente en brazos del papá, soñando música y luces de colores.
Ayudaron a Papá Noel y sus elfos hasta medianoche.
-Muchas gracias, niños. Sin vostros y vuestro padre no habríamos conseguido terminar a tiempo.
Un ejército de conejillos blancos llegó arrastrando trenecitos de madera que fueron llenados rápidamente de regalos. Llevaron al exterior todos los paquetes, donde esperaba Papá Noel sobre su trineo, enorme y brillante, guiado por doce espléndidos renos de cuernos largos y aterciopelados.
Una vez cargados todos los paquetes, Papá Noel, tras dos fuertes estornudos –¡Aaatchú, atchú!- se lanzó hacia las estrellas como un cohete perdiéndose en la noche.
Mientras los tres hermanos y su papá miraban el cielo maravillados y un poco cansados, un rayo de luz los envolvió deslumbrándolos.
Cuando abrieron los ojos, estaban en la habitación verde.
El libro estaba donde lo habían dejado. ¡Oh! ¡La mamá! ¿Se habría dado cuenta de su ausencia? Entraron despacio en el dormitorio...uff, menos mal, aún dormía.
Estaban tan cansados que, después de colocar el libro en la estantería y haber susurrado “buenas noches”, se durmieron enseguida. El papá colocó suavemente el todavía durmiente Francesco en su cuna y se fue a descansar.


5

El día siguiente se despertaron con una música suave que venía de alguna parte de su pequeña memoria. Se catapultaron hacia la cama de sus padres, felicitándose la Navidad en una maraña de sábanas y abrazos.
-¡Papá Noel!- gritaron los niños al cabo de un rato.
El papá entró al salón, mientras Rubén, Chiara y Francesco lo seguían temerosos porque no sabían lo que se podían encontrar.
Sobre una tela roja vieron cinco maravillosos paquetes envueltos en papel perfumado y de brillantes colores, donde se reflejaban las lucecitas encendidas del árbol de Navidad. ¡Podían incluso reconocer la escritura de Rubén y los dibujos que había hecho Chiara!
Los niños se miraron felices, aquella noche habían visto cosas extraordinarias, cosas que no podían contar a la mamá porque no los habría creído nunca.
Entonces el papá les guiñó el ojo, poniéndose un dedo en los labios.
-Ssssshhhh- dijo. Y su boca se curvó en una bellísima sonrisa.
Papaolé!-exclamó Francesco. Y la boca de la mamá se curvó en otra bellísima sonrisa, ajena a la increíble aventura nocturna que se había perdido.

¡Aaaatchú!





A Rubén, Chiara y Francesco, que tienen el padre que se merecen.