Sono riuscita finalmente a vederlo in azione. Come volevasi
dimostrare il calcio non fa per noi. Io lo dicevo che non doveva entrare in
casa se non a scadenza biennale con europei e mondiali. Non è mai stato il nostro sport e forse non lo sarà mai,
salvo miracoli o mutazioni genetiche che provochino una variazione ‘pirlesca’ nel DNA familiare, magari nel corso dei prossimi cent’anni e
dopo svariate generazioni.
Lo guardo saltellare entusiasta, lontano qualche metro dalla
palla e dei piccoli e avidi futuri campioni, mentre svanisce nel nulla il mio
sogno di vacanze vip in Sardegna.
Ogni tanto tocca la palla, festeggia i propri goal come se si
trattasse della finale di Champions e si catapulta a terra per fermare un tiro
senza pensarci un secondo. Ogni cinque
minuti si controlla le ferite delle ginocchia. Si tira su i calzini. Si sistema
le mutande. E si riguarda le ginocchia. I primi segni dei tacchetti ( per ora i
suoi, riesce persino a farsi male da solo) sulle gambe gli sembrano già
bellissime ferite di guerra.
Eppure non è tra i peggiori. Anche senza occhiali riesco a
distinguere quelli che sono stati portati in campo obbligati dai genitori (si riconoscono
perchè trascinano le gambe da una parte all’altra, guardano altrove mentre
calciano -qui forse non c’è molta differenza con gli altri- e sguardano verso
le tribune, sperando che il papà si sia ricordato almeno di comperare il
sacchetto di patatine al bar del campetto) da quelli che ci sono andati
obbligando i loro, di genitori (corrono senza sosta, così, anche senza senso,
basta che hanno una palla vicino e finiscono ogni riserva di energia, incredibile
ma vero).
E io a quei genitori malati di calcio dico: come si fa a
obbligare un bambino a passare i prossimi 6 mesi sotto la pioggia e il freddo
se non te l’ha chiesto considerando che poi li dovrai passare anche tu insieme
a lui?
Chissà se quando sarò sepolta dalla neve, congelata e
all’ennesimo raffreddore, riuscirò a godermi le sue gioiose e infreddolite
corse dietro la palla. Ma i bambini e i loro piccoli pensieri hanno una forza
travolgente, hanno la fortuna di credere che i loro sogni possono diventare
realtà. Quindi, mio piccolo Buffon, goditi le tue sgambettate spensierate. Non
si sa mai che un giorno venga fuori il calciatore che è in te. Buon
divertimento.
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