giovedì 9 giugno 2016

NOI E IL CALCIO PARTE 1 (SETTEMBRE 2014)



Sono riuscita finalmente a vederlo in azione. Come volevasi dimostrare il calcio non fa per noi. Io lo dicevo che non doveva entrare in casa se non a scadenza biennale con europei e mondiali. Non è mai stato  il nostro sport e forse non lo sarà mai, salvo miracoli o mutazioni genetiche che provochino una  variazione ‘pirlesca’ nel DNA familiare,  magari nel corso dei prossimi cent’anni e dopo svariate generazioni.
Lo guardo saltellare entusiasta, lontano qualche metro dalla palla e dei piccoli e avidi futuri campioni, mentre svanisce nel nulla il mio sogno di vacanze vip in Sardegna.
Ogni tanto tocca la palla, festeggia i propri goal come se si trattasse della finale di Champions e si catapulta a terra per fermare un tiro senza pensarci un secondo.  Ogni cinque minuti si controlla le ferite delle ginocchia. Si tira su i calzini. Si sistema le mutande. E si riguarda le ginocchia. I primi segni dei tacchetti ( per ora i suoi, riesce persino a farsi male da solo) sulle gambe gli sembrano già bellissime ferite di guerra.
Eppure non è tra i peggiori. Anche senza occhiali riesco a distinguere quelli che sono stati portati in campo obbligati dai genitori (si riconoscono perchè trascinano le gambe da una parte all’altra, guardano altrove mentre calciano -qui forse non c’è molta differenza con gli altri- e sguardano verso le tribune, sperando che il papà si sia ricordato almeno di comperare il sacchetto di patatine al bar del campetto) da quelli che ci sono andati obbligando i loro, di genitori (corrono senza sosta, così, anche senza senso, basta che hanno una palla vicino e finiscono ogni riserva di energia, incredibile ma vero).
E io a quei genitori malati di calcio dico: come si fa a obbligare un bambino a passare i prossimi 6 mesi sotto la pioggia e il freddo se non te l’ha chiesto considerando che poi li dovrai passare anche tu insieme a lui?
Chissà se quando sarò sepolta dalla neve, congelata e all’ennesimo raffreddore, riuscirò a godermi le sue gioiose e infreddolite corse dietro la palla. Ma i bambini e i loro piccoli pensieri hanno una forza travolgente, hanno la fortuna di credere che i loro sogni possono diventare realtà. Quindi, mio piccolo Buffon, goditi le tue sgambettate spensierate. Non si sa mai che un giorno venga fuori il calciatore che è in te. Buon divertimento.

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